Ho fatto la spia di Joyce Carol Oates


a cura di Roberto Fiorini

Una giovane ragazza viene esiliata dalla sua famiglia dopo aver rivelato il coinvolgimento dei suoi fratelli in un crimine brutale.
Joyce Carol Oates ha spesso ricercato le storie dei suoi pluripremiati romanzi nella vita di ragazze e giovani donne alle prese con le conseguenze di un dolore o di un trauma.
Questa volta il personaggio principale è Violet Rue Kerrigan, la più giovane di sette fratelli di una famiglia cattolica irlandese della classe operaia che vive sul territorio di Oates nello stato di New York nei primi anni Novanta.
È una famiglia intrisa di sessismo e razzismo, guidata da un padre arrabbiato e una madre che insegna alle sue tre figlie la conformità come un modo per sopravvivere agli uomini.
Come afferma Violet: “Se non te li fai nemici, se ti comporti esattamente come loro desiderano che tu ti comporti, non saranno crudeli con te“.
Violet però impara le terribili conseguenze della “non conformità” quando ha 12 anni.
I suoi due fratelli maggiori sono già sfuggiti alla punizione per uno stupro di gruppo quando, una notte, mentre bevono, incontrano un adolescente nero solitario e lo picchiano selvaggiamente.
Violet è l’unica che conosce il loro segreto.
Dopo che il ragazzo muore, Violet ha paura ma decide di raccontare al preside della scuola e all’infermiera quello che sa.
Viene posta in custodia protettiva – un fratello l’ha ferita come minaccia iniziale – ma rimane scioccata nell’apprendere che la sua famiglia non la vuole piu’ vedere.
Violet, segnata profondamente dal trauma del suo esilio familiare, è presa di mira da una serie di maschi predatori.
Joyce Carol Oates sposta continuamente il punto di vista tra prima, seconda e terza persona come se Violet non riuscisse a comprendere la propria identità.

Ho fatto la spia di Joyce Carol Oates pubblicato in Italia da La Nave di Teseo è un romanzo di circa 400 pagine feroce e risoluto, che narra abilmente una storia familiare potente, disgregante e molto dolorosa, pagine che una dopo l‘altra non incoraggiano alla speranza, alla riconciliazione e al perdono.
La Oates analizza ogni aspetto del paternalismo e maschilismo: il controllo stretto di un padre su sua moglie e sette figli, due fratelli maggiori che imparano a rispondere alle frustrazioni della vita con la violenza, la figlia più giovane che perde il suo status di piu’ piccola e per questa favorita e viene esiliata da casa e dalla famiglia quando tradisce gli uomini facendo la spia.
Gli estranei e la famiglia che sfruttano la fiorente sessualità di una ragazza innocente, e gli uomini che costringono e manipolano le donne nelle loro vite in un modello di comportamento auto-gratificante cieco e violento.
La storia della 12enne Violet Rue, la più giovane bambina dei Kerrigan, e la sua vita da “topo” dopo essersi lasciata accidentalmente sfuggire che i suoi due fratelli maggiori sono stati coinvolti in un attacco a sfondo razziale culminato in un omicidio, il suo esilio da una sorta di clan irlandese – prima allontanata da casa dai servizi sociali, poi collocata presso una lontana zia in un’altra città, e infine, conducendo la propria vita indipendente da adulta sempre guardandosi alle spalle, vagando di città in città, timorosa che suo fratello cerchi vendetta per il suo tradimento della famiglia – viene accompagnata da una prosa semplice ma molto avvincente che disegna l’immagine di una famiglia simile ad animali in cattività.
La madre di Violet “non osava parlare a lungo”.
Il padre di Violet “qualunque cosa dicesse, o non dicesse, aveva una voce inquieta e carezzevole come un bulldozer fuori controllo“.
E la lontana zia e lo zio fanno osservare a Violet che “viveva con adulti imprigionati nei gusci delle loro vecchie vite perdute, gusci dei serpenti, gusci delle locuste sotto i piedi”.
Sebbene Violet accetti la sua nuova identità di “topo” – come si riflette nel titolo in inglese del libro – il romanzo racconta la mascolinità tossica sulla società nel suo complesso, che coltiva il razzismo, la violenza e la misoginia.
La storia di Violet è quella di una ragazza la cui identità viene rubata dagli effetti insidiosi del diritto maschile, al punto che esiste soltanto una Violet che riesce a malapena ad immaginare un’esistenza al di là di quell’etichetta da “topo“.
Violet cerca costantemente la connessione, qualcuno che potrebbe prendere in considerazione l’idea di amare un “topo“, concedendole il perdono che non può regalare a se stessa.
È difficile e durissimo vedere Violet permettere agli uomini più anziani di approfittare del suo corpo e della sua anima, sapendo che è sbagliato, ma vedendo che Lei lo considera come una giusta punizione per il suo “peccato” infantile l’aver fatto la spia.
My Life As a Rat si svolge in un’area urbana simile a Detroit, ma anche in molte città post-industriali negli Stati Uniti dove il razzismo è radicato, raramente sfidato nel sistema, e viene all’attenzione di un mondo più ampio solo quando ci sono esplosioni di ciò che viene chiamato diplomaticamente “disordini urbani”: più crudamente, ed in modo fuorviante, questi incidenti sono spesso chiamati “rivolte razziali”, un modo insidioso di incolpare le vittime quando si ribellano alla loro oppressione.
Alcune persone come Violet hanno riserve di resistenza, stoicismo, energia e speranza, messe alla prova nel corso della loro vita.
Una giovane donna come Violet sopravvive alle difficoltà e alla fine rifugge dalle opinioni dei suoi familiari bigotti e violenti.
Trova un modo per stabilire relazioni e alla fine amare un’altra persona degna del suo amore.
Joyce Carol Oates ci racconta di credere nei destini particolari, nelle persone che sono fatte l’una per l’altra e debbono soltanto incontrarsi e scoprirsi.
Ci sono molti buoni propositi nella vita di ciascuno di noi, innumerevoli volte ci è data la possibilità di intravedere un finale positivo.
In My Life as a Rat, Joyce Carol Oates preferisce la risposta all’intuizione, l’emozione all’analisi.
I Kerrigan rappresentano qualche cosa piu’ che essere qualche cosa.
Si sentono terribilmente reali quando rifiutano di assumersi la responsabilità delle proprie azioni e crimini, scegliendo invece di bandire Violet.
Violet risponde con una compassione che i Kerrigan’s non meritano e un desiderio straziante di essere amata da loro e invitata a casa.
Lo stile idiosincratico della Oates è meraviglioso nella sua tenerezza ma altrettanto duro ed efficace nelle descrizioni dei dettagli di una varietà di abusi, pregiudizi e violenza.
Razza, genere, lealtà familiare, la Oates li affronta tutti qui.
Un romanzo bellissimo ma allo stesso tempo spaventoso.
Ci vuole molto coraggio per resistere ai nostri nemici, ma altrettanto per resistere ai nostri amici”.
Questa citazione di Albus Silente tratta dal primo libro di Harry Potter mi è tornata alla mente mentre leggevo My Life As A Rat.
Avevo sempre trovato questa citazione affascinante.
Ci vuole più coraggio per tenere testa a qualcuno che conosci personalmente o con cui sei imparentato rispetto agli estranei.
E mi è sembrato che questa mia riflessione trovasse conferme nelle pagine mentre leggevo il romanzo della Oates.
Perché in fondo “la felicità non è affidabile, la malinconia è affidabile“.