Il Fondo Monetario migliora ancora le stime sulla Russia

Nel World Economic Outlook diffuso martedì scorso il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto al rialzo le stime per l’economia russa colpita da diversi pacchetti di sanzioni occidentali, imposti come ritorsione per l’invasione militare dell’Ucraina.
Se l’economia del nostro Paese e quella di tutta l’eurozona procede verso la recessione, vedendo peggiorare mese dopo mese le prospettive di crescita, il PIL della Russia mostra dati sorprendenti.

Parliamo del Paese la cui economia avrebbe dovuto essere distrutta dai pacchetti di sanzioni varati dalla UE.
Ci hanno raccontato la favola che ci sarebbe stato da soffrire all’inizio, ma poi avremmo piegato l’economia russa impedendogli di finanziare lo sforzo bellico.
I numeri ci dicono che le nostre prospettive peggiorano e quelle russe, incredibilmente, migliorano.

Il PIL russo calerà del 3,4% e del 2,3% rispettivamente nel 2022 e 2023, ma l’aspetto clamoroso e che il Fondo Monetario è stato costretto a correggere in meglio le previsioni per il 2022 di ben 2,6 punti rispetto a luglio ed addirittura 5 punti rispetto ad aprile.
I dati delle partire correnti della bilancia dei pagamenti parlano chiaro e mostrano che nel terzo trimestre i russi – nonostante abbiano praticamente ridotto a meno di un quarto le forniture di gas alla UE – hanno conseguito un avanzo di 52 miliardi di dollari, contro il record di 77 miliardi nel trimestre precedente.

Per avere un’idea del livello eccezionalmente elevato di questi ultimi dati, basti osservare che nel 2021 l’avanzo aveva oscillato intorno ai 20 miliardi per trimestre.
Nel 2022 sarà pari a 243 miliardi di dollari, raddoppiando rispetto al 2021.
Tantissimo denaro che è la vera arma nelle mani della Russia.

Un’arma irresponsabilmente creata e rafforzata dall’ubriacatura ideologica della immediata transizione dalle fonti fossili alle rinnovabili.
A cui – è opportuno rilevarlo – si è aggiunta l’esibizione “muscolare” davanti al proprio principale fornitore di gas e petrolio.
Prima l’azzardo guidato dalla Germania di legarsi mani e piedi ad un unico fornitore di energia.
Poi il suicidio di volersene liberare in pochi mesi, quasi si trattasse di fornitore di frutta e verdura del mercato rionale.
Orbene il condizionatore spento evocato da Mario Draghi non ha portato la pace e neppure impoverito la Russia.